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Il libro è composto da tre brevi raccolte intitolate: “Terre di luna”, “Abisso dell’anima”, “Quella parte di noi”. La prima sezione nasce da un viaggio fatto dall’Autrice in Polonia e in Slovacchia. Maria Gabriella Giovannelli ripercorre le strade che furono teatro di atrocità ai tempi tragici del nazismo. Nelle sue poesie la natura sembra diventare partecipe di questo dolore, condividerlo e nello stesso tempo trovare un riscatto.

” … è in questa corona di liriche, svolta come un rosario di fotogrammi immobili, che le immagini ingombrano prepotentemente la scena in tutta la loro icasticità. Questi versi ci raccontano la tragedia di quell’est, travolto dalla furia devastante e insensata dell’uomo …. La sintassi nominale esasperata, l’insistenza sugli ossimori, l’uso intenso delle sinestesie ricostruiscono i contorni di una realtà, in cui la natura, nella sua desolante fissità, si tramuta in simbolo di una condizione, tanto che le presenze umane sono ridotte ad alberi, a pietre (“erba tra erba/albero tra alberi”) a oggetti inerti sullo sfondo … Questo orizzonte sospeso tra vegetale e inorganico, tra umano e disumano, è schiacciato tra una terra gonfia del piombo e del sangue dei vinti … e un cielo a cui ogni pino (“frecce rivolte al cielo”), ogni bosco, ogni girasole anela in una muta preghiera. …. Questa tensione verso l’alto … nella seconda sezione del libro si tramuta in dialettica, in scontro con quell’abisso che pare inghiottire ad ogni verso l’io, sprofondarlo nel vuoto. …. L’aspirazione a ricongiungersi con un cielo in cui risorgere s’infrange tra le onde turbinose di un mare in tempesta, dilegua nei mulinelli e nei marosi che lasciano affiorare pochi fotogrammi smangiati dalla polvere. … Se apparentemente ci troviamo dinnanzi ad una sofferenza individuale … siamo in realtà davanti ad una lucida riflessione sul male, a un dialogo con quella componente oscura dell’uomo che lo trasforma in carnefice, in assassino. E allora dall’io dell’autrice (“quella parte di me”) si ritorna ad una dimensione corale, che travalica le vicende personali e si collega, in una circolarità perfetta agli orrori adombrati nelle “Terre di luna”. …(dalla prefazione di Emanuele Spano)
“… Si può affermare senza ombra di dubbio che una poetica neolirica caratterizza il testo, originale in un’epoca nella quale prevalgono orfismi e sperimentalismi di vario genere, produttori, in massima parte, di tessuti linguistici oscuri. … La stragrande maggioranza delle poesie della raccolta sono formate da strofe e sono caratterizzate da versi cesellati e composti con molta attenzione, molto sorvegliati. Vengono dette parole come anima, esistenza e silenzio ad indicare una sentita riflessione sulla vita, la gioia e il dolore, il bene e il male. … Sole rosso si pone in una posizione a se stante nella produzione letteraria poetica italiana di questo inizio di millennio. “ (dalla recensione di Raffaele Piazza)

Dalla raccolta “Terre di luna”

Polonia

Pini allineati
lungo una linea infinita
frecce rivolte al cielo
come grani di rosario
imploranti.

Covoni

Zolle capovolte
dal ventre della terra
smossa.

Verdi quinte
pennellate dal sole

luccichii profondi
immaginati.

Sparse qua e là
macchie di girasoli
occhi
su steli rugosi alla ricerca del sole.

In mezzo ai campi
solitario
un covone come cupola di una chiesa.

Sole rosso

Riflessi di luce
vagheggiati nel silenzio
del buio più profondo.

Sale la luce di una nuova alba
a lungo attesa
sempre più nitida
sempre più intensa.

Radiante ricordo
ancor vivo
di un tempo felice.

Cespugli, pascoli, ampie distese
un campanile pizzuto
sipari di montagne
bagnati dal sole.

I miei occhi
accecati di luce
vagano alla ricerca delle mie origini.

Dalla raccolta “Abisso dell’anima”

Abisso dell’ anima

Abisso dell’ anima
mulinelli trascinanti
in un profondo oscuro.

Come uno scoglio

Resto lì
abbandonata
come uno scoglio
caduto per caso
vicino alla riva.

Solchi profondi
rigano la mia anima.

Un’onda più alta
mi sommerge
e sprofondo nel vuoto
della mia esistenza.

Attesa

Alberi
puntati verso il cielo
come canne d’organo
in una pacata sinfonia

immaginario cerchio
di suoni e luci
immerso nel verde
più tenero
più cupo.

Pallidi raggi filtranti
come note basse
di una musica senza inizio
senza fine.

Lo sguardo sale
sempre più in alto

raggi di luce
come note profonde
si fondono con la mia anima
in attesa.

Dalla raccolta “Quella parte di noi”

Non chiedermi perché

Ho corso su per sentieri
irti
sperando di vedere l’orizzonte.

Sono scesa
nei meandri della mia anima
senza trovare risposte.

Forte e debole
sicura e fragile
nocchiero
incapace di alzare le vele
della vita
e sfidare il mare
cupo
presagio di marosi gonfi
di schiuma bianca
sempre più alti.

Ho ammainato le vele
sono rimasta in porto
ferma
a guardare altri velieri
allontanarsi nel buio
e tornare con la luce dell’alba
le vele spinte dal vento caldo
di un’estate di sole.

Non chiedermi perché.